Ali Umar

Sono Ali, ho 35 anni e vengo dalla Nigeria.

Dopo tanti anni di ricerca di una casa, ora vivo in un monolocale a Merano. Lavoro come addetto alle pulizie all’ospedale, è un buon lavoro per me e sono contento di aver trovato questo impiego. 

 

È proprio per questo che ho lasciato la Nigeria: dovevo trovare un buon lavoro per supportare la mia famiglia.

Sono l’unico uomo di casa e devo prendermi cura della mia mamma e delle mie tre figlie. 

 

In Nigeria ero meccanico, mi piaceva tantissimo. 

Ho imparato da bambino questo lavoro. La mia famiglia non aveva molti soldi e così il pomeriggio, dopo le lezioni a scuola, dovevo andare subito a lavorare. Non è come qui che i bambini dopo scuola possono stare a casa o giocare con gli amici. 

 

In Nigeria ci sono tanti problemi.
Ogni giorno ci sono scontri, conflitti interni, la politica è corrotta, ci sono lotte per i territori…

 

Mio papà è stato ucciso per questo. 

Possedeva un pezzetto di terra, ma qualcuno voleva portargliela via. Un giorno, mentre ero al lavoro, sono venuti a chiamarmi dei conoscenti e mi hanno detto di andare di corsa a casa perché stava succedendo qualcosa di brutto. Quando sono arrivato la nostra casa era completamente distrutta. Le avevano dato fuoco.

 

La casa dove avevo vissuto per tutta la vita, d’un tratto non c’era più. 

Tutti i nostri averi non esistevano più. Avevamo perso tutto.

 

Il fuoco aveva portato via anche il mio papà e la mia sorella più grande. 

Non abbiamo potuto fare niente, non c’era modo di denunciare il crimine o di ottenere giustizia. Non avevamo neanche un telefono per fare delle foto o dei video per dimostrare quello che ci era successo. Da un giorno all’altro avevamo perso ogni cosa.

 

Sono dovuto partire. 

Il mio viaggio verso l’Europa è stato molto difficile. Ho viaggiato in bicicletta, poi a piedi, qualche pezzetto l’ho potuto fare in macchina. Arrivato in Libia sono rimasto bloccato per un lungo periodo. Lì è un macello. Poi sono riuscito ad imbarcarmi e sono arrivato sulle coste italiane. Da lì poi mi hanno trasferito a Bolzano. 

 

Sono stato ospitato presso un centro di accoglienza del Gruppo Volontarius. 

Ho potuto frequentare dei corsi di italiano e di formazione professionale. Ma la vita in un centro non è per niente facile. 

 

Ho cercato fin da subito un lavoro per mantenermi e per permettermi una casa.

Non era così facile ma mi offrivo sempre anche per dei piccoli lavoretti. Quando qualche agricoltore cercava un supporto, mi proponevo subito. 

 

A Bolzano ho passato molte notti anche in strada.

Avevo un lavoro, ma non riuscivo a trovare una casa in affitto. Senza una casa, la tua testa non funziona bene e inizia a girare, vai in crisi, non sai bene cosa fare, sei confuso.

 

La sera, dopo il lavoro, mi cercavo un posto tranquillo dove dormire, magari sotto un ponte. 

Quel periodo è stato molto faticoso. Avevo qualche problema al lavoro, perché magari non trovavo dove potermi lavare, a volte non mangiavo abbastanza o ero troppo stanco per riuscire a lavorare bene. 

 

Per un periodo ho lavorato in un ospedale, non quello in cui sono ora.
Quando finivo il mio turno di pulizie, mi cercavo uno sgabuzzino un po’ nascosto e passavo lì qualche ora per provare a riposare un po’ al caldo.

 

Un mio amico che aveva trovato casa a Bolzano mi ha ospitato qualche mese a casa sua.

Lo aiutavo a pagare l’affitto e mi lasciava dormire sul suo divano. Nel frattempo, continuavo a cercare una casa dove poter vivere da solo. 

 

Qui in Alto Adige è molto complicato trovare una casa. 

Ma per noi stranieri? Uuuuh, che difficile! Cercavo sui gruppi Facebook, sul sito Subito.it, attraverso le agenzie, chiedevo al lavoro, agli amici… Niente.

 

Una volta avevo trovato un appartamentino che sarebbe stato perfetto per me.
Ma il proprietario non voleva affittarmelo, diceva che ero da solo e che un solo stipendio non potevo certo permettermelo. Avevo risparmiato tanto e avrei potuto pagare quanto chiedeva. Ma sapevo bene che non era quello il vero problema per lui. 

 

Il vero problema è che sono nero. 

Dicono che noi nigeriani facciamo solo casino. Ma le persone di altre nazionalità non fanno mai niente di male? Io non ho mai fatto casino, ho sempre cercato di essere tranquillo e calmo.

 

Il mio unico obiettivo è sempre stato quello di trovare un buon lavoro, non certo di fare feste!
Ho una famiglia a cui pensare, ho la responsabilità di mantenere le mie tre figlie. Altro che feste!

 

Una volta la proprietaria di una casa che ho visitato, mi ha guardato e mi ha detto: “Io non do la mia casa a un nero”.
Me lo ha detto in faccia, guardandomi negli occhi.

 

Il mio cuore in quel periodo non stava bene.
Mi hanno trattato come un animale, non pensavano che io fossi una persona. Non so come ho trovato la forza di andare avanti…

 

Con il tempo ho capito che il razzismo non era un mio problema.

Erano queste persone ad avere un problema, sono loro che fanno male. Con un po' di pazienza, il mio cuore è diventato più calmo e soffre di meno. Anche se continuo a non sentirmi del colore giusto qui.

 

Ho cercato una casa per tanto tempo, troppo.
Non so neanche più dire per quanti anni sono andato a cercare una casa da affittare.

 

Per fortuna poi ho conosciuto Miguel.
È un operatore del progetto LGNet2, un servizio gestito dal Gruppo Volontarius che si occupa di aiutare le persone che hanno difficoltà a trovare un’abitazione come me. 

 

Con molta, moltissima pazienza e determinazione, mi ha aiutato a trovare il monolocale dove vivo ora. 

È molto piccolo e costa tanto, ma per me è una buona opzione. È anche vicino al mio posto di lavoro. 

 

Quando sono arrivato l’appartamento era vuoto. 

Piano piano mi sono comprato il letto, i mobili e la lavatrice. Mi sono creato la mia nuova piccola casa.

 

Grazie al supporto che ho ricevuto da LGNet2, ora le cose vanno meglio per me.
Dopo il mio turno di lavoro adesso so che ho un posto dove tornare e riposare. Vengo a casa, ho la mia privacy, ho il mio tempo e posso sempre lavarmi. La cosa che mi piace di più è che qui posso cucinare quando voglio. Mi preparo spesso la pasta. Gli spaghetti al pomodoro sono una delle cose più belle della mia vita in Italia!

 

Ora mi sento meglio. Qui in questa casa sto bene.
Ho più pace e sono calmo. E ho ricominciato a sognare. Sogno di tornare a fare il mio lavoro preferito, il meccanico. Sogno di viaggiare in auto, magari verso Venezia o Bologna. Dicono che sono città bellissime. 

 

Ma il mio desiderio più grande è poter rivedere la mia famiglia.
Mi mancano tanto le mie bambine. Vorrei poter andare da loro o che loro potessero venire a trovare me. Chissà, magari presto accadrà!


 

 

BACK